Il meliloto (Melilotus officinalis) è una pianta della famiglia delle Leguminosae utilizzata sin dai tempi di Galeno per le sue numerose virtù curative. Il suo nome deriva dal greco e significa “miele di trifoglio”. Veniva anche impiegato nell’alimentazione dei bovini per conferire al latte un sapore più dolce e morbido. Nei secoli scorsi, soprattutto in Germania e Francia era usanza somministrarlo ai bambini con problemi di insonnia o che avessero la tosse o il mal di denti. Secondo una ricerca condotta dal National Instute of Health (NIH), il meliloto presenta spiccati effetti benefici in caso di infiammazioni acute grazie alle sue proprietà antinfiammatorie e decongestionanti e viene impiegato anche come antinevralgico. Questa sua proprietà è addirittura nota sin dai tempi di Plinio il Vecchio.
Le foglie e le sommità fiorite del meliloto contengono numerose sostante particolarmente interessanti dal punto di vista medico: flavonoidi, tannini e glucosidi cumarinici che attraverso un meccanismo di idrolisi enzimatica, rilasciano cumarine. Tra queste quella maggiormente rappresentata è la melilotoside, la quale si trasforma poi in vera e propria cumarina il cui effetto principale è quello sull’apparato circolatorio.
PER COSA SI UTILIZZA
Come accennato quindi, il meliloto è una pianta dotata d’interessanti proprietà farmacologiche, fra cui quelle antinfiammatorie, antiedemigene e antiessudative.
L’estratto di Melilotus officinalis è usato nel trattamento dei disturbi della circolazione venosa e linfatica, con particolare azione sul plesso emorroidario e sulle vene varicose.
Il meliloto è anche in grado di promuovere il reflusso venoso e migliorare la cinetica linfatica.
Grazie a queste sue peculiari proprietà, questa pianta può rappresentare un valido aiuto in caso d’insufficienza venosa e linfatica, in caso di ritenzione idrica e in caso di edemi sia di natura infiammatoria che congestizia.
Tali attività ascritte al meliloto, lo ricordiamo, sono imputabili soprattutto alle cumarine contenute all’interno della stessa pianta. Da uno studio condotto su animali, è emerso che il meliloto è anche dotato di attività cicatrizzante, perciò è in grado di accelerare la guarigione delle ferite.
Il meliloto svolge un’azione vasoprotettiva sulle pareti delle vene, aumentandone la permeabilità, agendo in modo assai simile all’escina. Di conseguenza i campi d’applicazione sono molto simili, principalmente nelle malattie delle vene e nei disturbi provocati dalle varici, tra cui le emorroidi. In questa azione i flavonoidi hanno un ruolo complementare e sinergico. Il meliloto trova quindi indicazioni nel trattamento dell’insufficienza venosa e linfatica, ritenzione idrica, edemi e gonfiori agli arti inferiori, gambe pesanti, vene varicose, flebiti, emorroidi e cellulite.
COME AGISCE
Possono essere descritti diversi meccanismi d’azione:
– azione linfocinetica sul flusso del dotto toracico (azione linfodrenante);
– aumento del drenaggio dei fluidi linfatici attraverso un effetto di stimolazione diretta dei vasi linfatici;
– stimolazione dei macrofagi, aumentando la loro attività fagocitaria e di proteolisi;
– miglioramento della qualità e della velocità del ritorno venoso;
– azione di protezione dei capillari.
La cumarina agisce anche sulle catecolamine, in particolare amplificando la funzione dell’adrenalina a livello vascolare, riducendone la degradazione, con conseguente miglioramento della capacità contrattile dei vasi sanguigni. Le catecolamine infatti sono tra i principali vasocostrittori presenti nell’organismo dei mammiferi.
CURIOSITÀ
Come abbiamo visto, il meliloto si caratterizza per la presenza significativa di cumarine: l’importanza fitoterapica di questa pianta fu osservata casualmente studiando casi di sindrome emorragica negli animali al pascolo. Si osservò che il bestiame, dopo l’ingestione di cospicue quantità di meliloto deteriorato, presentava emorragie importanti e vari altri sintomi gravi. La sindrome emorragica era conseguenza del calo dei livelli di protrombina nel plasma, collegato alla presenza di derivati cumarinici nelle piante di meliloto ingerite dalle bestie. A seguito di queste osservazioni nel 1941 il Dott. Link dell’Università di Wisconsin, sintetizzò per la prima volta il dicumarolo, che oggi conosciamo con il nome Warfarin.
IMPORTANTE:
il meliloto non agisce direttamente sulla coagulazione del sangue, ma espleta la propria azione a livello delle pareti venose, aumentandone il tono e riducendo la permeabilità capillare (azione simil-escina). Solo a seguito del suo deterioramento si trasforma in Dicumarolo, che ha proprietà anticoagulanti.
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